BUON NATALE E BUON ANNO

Fino una decina di anni,fa era usanza a casa mia inviare gli auguri di Natale a parenti e amici.Poi siamo passati alle telefonate e con la tecnologia agli auguri online.In questo periodo io avevo già spedito le mie lettere augurali e le prime risposte stavano già pervenendo.I miei parenti della Slovenija mi mandavano le cartoline con i quadri di Maksim Gaspari ,pittore folk.Le conservo ancora,anche perchè Gaspari lo conobbi a Ljubljana.Questo pittore,fumettista, scrittore sloveno ha origini carniche (1938-!980).

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Questo blog ha lo scopo di far conoscere la realtà delle minoranze linguistiche della provincia di Udine.E’ un tema poco conosciuto in Regione e in Italia.Spero che sia di vostro interesse.

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sabato 19 ottobre 2024

Festa del ringraziamento


 Soprattutto nei paesi agricoltura e allevamento sono ancora praticati, in Valcanale ogni anno in autunno è celebrata la festa del ringraziamento. Quest’anno a Camporosso/Žabnice sarà celebrata domenica, 13 ottobre. Alle 10.00 i mezzi agricoli si riuniranno sul piazzale della canonica, per sfilare lungo il paese fino alla chiesa. Alle 10.30 sarà celebrata la S. Messa, come da regola in parte bilingue, che sarà arricchita dai canti del Coro maschile e del Coro parrocchiale di Camporosso. Nell’occasione saranno benedetti i mezzi agricoli. Non mancheranno il pranzo comunitario e attività per bambini, anche in collaborazione coi Pompieri volontari del paese. A Ugovizza/Ukve, invece, la festa del ringraziamento sarà celebrata domenica, 20 ottobre, con la Messa alle 9.30.

LA SCUOLA DI PAOLO compie 40 anni


 Introdotta dal canto del coro della scuola bilingue di San Pietro al Natisone, è stata inaugurata sabato 5 ottobre nella chiesa di S. Maria dei Battuti a Cividale la mostra ‘Pavlova šola – La scuola di Paolo’. L’esposizione, organizzata dall’Istituto comprensivo bilingue Paolo Petricig di S. Pietro in occasione dei 40 anni di attività e dal Circolo di cultura Ivan Trinko con il patrocinio del Comune di Cividale e curata dal Centro studi Nediža (e in particolare da Alvaro Petricig), è focalizzata sulla figura di Paolo Petricig – eccezionale maestro ed educatore – e sulla sua pluridecennale attività pedagogica svolta fuori e dentro all’istituzione scolastica.

Insegnante prima a Cepletischis (dal 1951 al 1965) e poi a Ipplis (dal 1965 al 1969) e in seguito professore di educazione artistica nelle scuole medie di Buttrio e di Cividale, Petricig è stato, con una lungimirante visione didattica, fautore delle attività extrascolastiche per bambini e ragazzi organizzate dal Centro studi Nediža negli anni Settanta (soprattutto il soggiorno estivo ‘Mlada brieza’ e il concorso dialettale sloveno ‘Moja vas’), e dell’istituzione della scuola bilingue – prima privata, dal 2001 pubblica – di San Pietro, che oggi porta il suo nome.
Ai saluti della sindaca di Cividale, Daniela Bernardi, è seguito un breve intervento della senatrice Tatjana Rojc. “Onoriamo l’opera e la visione di Paolo Petricig – ha detto tra l’altro – tesa a offrire realtà culturali di valore per consentire alle genti delle Valli di riconoscere le proprie radici e nutrire l’orgoglio dell’appartenenza a un soggetto identitario sloveno. Gli inizi dell’opera a tutto campo di Petricig furono difficili ma la sua visione fu sempre focalizzata sulla capacità di questo territorio, volutamente svuotato e lasciato a sé stesso, di rinascere”.
Il dirigente dell’Istituto comprensivo bilingue, Davide Clodig, si è detto “onorato di rappresentare una delle scuole di Paolo”, ricordando le proprie esperienze personali nel soggiorno ‘Mlada brieza’, il primo tentativo, per altro riuscito, di avvicinare i bambini alla lingua slovena anche dal punto di vista didattico. “Un aspetto fondamentale di tutte le scuole di Paolo – ha sottolineato Clodig – è lo spirito di collaborazione e dedizione che ha saputo infondere agli insegnanti e, attraverso loro, agli allievi, oltre che il senso di partecipazione di una comunità alla vita scolastica.”
Quindi Iole Namor, presidente del circolo Ivan Trinko, ha delineato la struttura della mostra, suddivisa da una parte dove è documentato il percorso di Petricig come educatore.“Viene raccontato un modello pedagogico innovativo – ha spiegato Namor – che ha portato a importanti riconoscimenti a livello nazionale, tra l’altro nel 1965 assieme ai suoi alunni di Cepletischis Paolo prese parte a una trasmissione televisiva in prima serata con la presentazione del loro giornalino ‘Il Falco’.”
Un’altra parte dell’esposizione propone le iniziative che, sulla base delle esperienze che Petricig aveva acquisito nel corso degli anni, vennero organizzate come attività extra scolastiche dal Nediža.
Infine viene presentata la nascita della scuola bilingue e i suoi 40 anni di attività. A proposito di questa realtà, ormai consolidata nel tessuto scolastico e culturale della regione, vale la pena ricordare proprio le parole del suo fondatore: “L’istituzione della scuola bilingue è partita come una provocazione, una sfida per sfatare il famoso ‘la gente non vuole’ di vecchia data. La scuola ha dimostrato che, di fronte a una proposta corretta e inequivoca, una bella fetta della popolazione ha mostrato di accogliere e di gradire l’istruzione slovena.”
“Il pilastro sul quale si fondava la scuola di Paolo – ha anche detto Namor – era la libertà, non intesa come anarchia ma come attenzione alla massima creatività degli allievi. Un altro concetto fondamentale era quello della collaborazione: già con le sue prime esperienze come insegnante introdusse il lavoro di gruppo, la discussione, un approccio che rafforzava nei ragazzi il senso di autodisciplina e di responsabilità.”
La mostra – aperta fino al 3 novembre con orario: martedì-venerdì 16-19, sabato, domenica e 1. novembre 10-19 – è il primo di una serie di appuntamenti dedicati ai 40 anni della scuola bilingue. Martedì 15 ottobre in mattinata ci saranno le celebrazioni ufficiali alla presenza della presidente della Repubblica di Slovenia, Nataša Pirc Musar, e del presidente della Regione, Massimiliano Fedriga. Giovedì 17 ottobre verrà invece presentata un’indagine dello Slori sugli ex allievi della scuola bilingue per conoscere il loro pensiero sull’esperienza vissuta.
dal Novi Matajur

mercoledì 16 ottobre 2024

 


La scuola bilingue di San Pietro al Natisone ha festeggiato i suoi primi quarant'anni con un'ospite d'eccezione. A far loro visita, la presidente della Repubblica di Slovenia Nataša Pirc Musar .

Pirc Musar ha esortato i bambini a coltivare la ricchezza della pluralità linguistica: “ Cancelliamo i rancori del passato  ed eleviamo ulteriormente i già ottimi rapporti tra Italia e Slovenia”, ha detto loro il capo dello Stato sloveno.

La scuola bilingue di San Pietro è nata a metà anni '80 come un unicum dell'ordinamento scolastico italiano ed è la scuola di riferimento per le Valli del Natisone: “Ogni insegnante parla in sloveno o in italiano -spiega il dirigente scolastico Davide Clodig- ; ogni studente deve rivolgersi all'insegnante con la lingua del caso ed è bello vedere come i ragazzi passino da una lingua all'altra senza problemi di alcun genere ”. 

Dal web

martedì 15 ottobre 2024

Le minoranze linguistiche



In Friuli oltre l'italiano si parla anche il friulano,lo sloveno e il tedesco che sono lingue minoritarie ufficialmente riconosciute e normativamente tutelate.


Il friulano ( furlan)   ascoltare, lenghe furlane ; marilenghe , "lingua madre") è una lingua romanza del gruppo retoromanzo .     

Si è sviluppato a partire dal  latino  rustico aquileiese, mescolato a elementi  celtici , a cui si sono poi aggiunti numerosi elementi  slavi  e  germanici , in quanto i vari popoli di stirpe germanica ( longobardigotifranchitedeschi ) hanno dominato il  Friuli  per oltre 900 anni.

Già nel 1600, come dice  Sergio Salvi , "(…) Era del resto opinione comune dei viaggiatori del tempo che il friulano fosse una sorta di  francese  oppure di  spagnolo . Ma soltanto nel 1873, Ascoli dà forma compiutamente scientifica a queste opinioni diffuse."

Lo  Stato italiano  ha riconosciuto, nel 1999, la "minoranza linguistica storica friulana" e la sua lingua e cultura, con la legge 482/1999, articolo 2.

Storia

Le origini della lingua friulana non sono chiarissime. La matrice preponderante alla base del friulano è quella " latina  aquileiese" [4] : il grande evento alla base della formazione della cultura e della lingua friulane fu infatti l'arrivo dei  Romani , che nel  181 aC  dopo aver affrontato e sconfitto i  Taurisci  ( PlinioNaturalis historia ), che minacciavano gli alleati  Veneti , e romanizzati i  Carni , fondarono la prima colonia nella pianura friulana ad  Aquileia , consentendo alla popolazione sconfitta, maggioritaria rispetto ai Romani, di continuare nella colonizzazione della pianura circostante  (solo dopo il 20 aC : prima di tale epoca, la bassa pianura era abitata solo da romani, [ senza fonte ]  il resto del  Friuli  era abitato dai  Celti ): da tale mescolanza di Romani e  Carni  si suppone possa essere derivato un latino volgare con influenze celtiche, alla base della successiva evoluzione della lingua friulana. Prima dell'arrivo dei Romani tutta la pianura friulana è stata abitata a partire dall'epoca preistorica e protostorica e di ciò ci sono importanti resti archeologici. In particolare vanno ricordati i numerosi castellieri ei tumuli, oggetto di numerose campagne archeologiche dall'Università degli Studi di Udine  e che risulta essere tra i meglio conservati di tutta l'Italia nord-est [5] , e la lunga storia della  Aquilea preistorica ; lo stesso nome "Aquileia" è ritenuto un nome indigeno confermato dai Romani.

L'influenza fonetica e grammaticale del dialetto di tipo celtico parlato dei  Carni  sul latino aquileiese è però controversa, sia perché tale idioma originario fu trasmesso solo oralmente e oggi non è quasi per nulla noto, sia perché nelle epigrafi antiche ritrovate si riscontrano solo delle modifiche ad elementi fonetici e morfo-sintattici del latino comuni anche ad altre parti dell'impero, cosa che se pur non prova una corrispondenza diretta con l'idioma parlato, comunque rende difficile qualsiasi studio filologico del "proto-friulano" antecedente al medioevo. Inoltre l'unica prova diretta di substrato celtico, quella del lessico, dimostra che la componente celtica nel friulano odierno, benché di gran lunga superiore a quella ravvisabile nei dialetti galloitalici e in altre lingue neo-latine con substrato celtico ( francesegalloarpitano ), sia complessivamente limitata a toponimi, parole di senso geografico e nomi collegati all'agricoltura, ai monti e ai boschi, e comunque comparabile all'influsso lessicale ricevuto "per prestito" da lingue germaniche e non di molto superiore a quello delle lingue slave .

Alcuni studiosi ipotizzavano che il friulano fosse conseguenza di migrazioni di popolazioni dell'Impero, costrette ad abbandonare le regioni orientali come la  Pannonia  (e si spiegherebbe comunque il sostrato celtico, poiché la Pannonia era abitata da tribù Galliche) a causa della pressione e del movimento di genti barbariche come  i Longobardi : fatto evidentemente non escludibile neppure come evento collaterale, ma che comunque non chiarisce l'eventuale influsso di un substrato linguistico sul friulano medioevale e moderno.

Tuttavia se la prova linguistica diretta manca, a supporto della tesi di una derivazione dell'ethnos friulano dalla romanizzazione del popolo carnico/celtico vi sono numerosi elementi del folclore, della tradizione e dell'ambito magico e religioso, sia antichi che moderni, di stampo inconfutabilmente celtico-alpino, elementi diffusi in buona sostanza proprio sullo stesso territorio storicamente accertato come friulanofono.

Interessante inoltre anche il fatto che l'antico confine etnico tra  popolazioni venetiche  e quelle dei carni romanizzati, imposto dal dominio romano e attestato dalle fonti antiche, fu (a partire dalle prealpi) il corso del fiume  Livenza  (in latino  Liquentia ), lo stesso elemento geografico che ancora in epoche recenti delimitava in pianura la zona di confine tra area friulanofona e area venetofona (avanzata estesamente verso est a scapito del friulano solo a cavallo del 1800 per l'effetto congiunto di colonizzazioni di aree scarsamente abitate e della venetizzazione delle grandi città); stesso confine inoltre che secondo alcuni segnerebbe ancora oggi, su basi etnologiche più generali, il punto di transizione tra cultura veneta e friulana. Tutto ciò fa supporre che una certa differenziazione tra le parlate a ridosso di questa zona esista da lungo tempo e possa avere una matrice pre-latina, anche se bisogna sottolineare quanto  l'idioma veneto  del  XIV secolo  fosse più arcaico dell'attuale, condividendo qualche caratteristica con il friulano, idioma più conservatore.

Se le origini antiche della lingua e il substrato pre-latino sono questione controversa, un largo consenso è stato tuttavia raggiunto sul periodo di formazione del friulano, che si fa risalire attorno all'anno 1000, in contemporanea con gli altri volgari romanzi; anche se ci sono delle testimonianze più antiche:  San Gerolamo  afferma che, per farsi capire dal suo popolo, il  vescovo di Aquileia  Fortunaziano  compose un commento ai Vangeli in  lingua rustica . I primi termini in friulano compaiono in atti amministrativi del  XIII secolo , ma solo a partire dal Trecento i documenti si fanno più numerosi e, oltre a qualche documento commerciale, appaiono le prime testimonianze letterarie, quali i Frammenti letterari e altri testi, tutti originari di  Cividale , divenuta ormai il centro più importante del Friuli. Interessante notare come secondo uno studioso, il  Giovan Battista Pellegrini , dall'analisi della ballata Soneto furlan, il verso 'ce fastu' rimanderebbe all'espressione citata da  Dante  nel  De vulgari eloquentia  XI,6 per caratterizzare la parlata aquileiese ( [... ] Aquilegienses et Ystrianos cribremus, qui Ces fas tu? crudeliter accentuando eructuant )

da wikipedia


 


L a lingua slovena in Italia viene principalmente parlata da una comunità autoctona residente lungo il confine orientale, la minoranza slovena in Italia . Non ci sono dati recenti e certi sul numero dei parlanti in sloveno o dialetti sloveni in Italia ; statistiche del 1974 attestavano gli utilizzatori dello sloveno a 61.000 persone [2] nel territorio del Friuli-Venezia Giulia , raccolti nella provincia di Trieste e nelle zone orientali delle province di Gorizia e Udine . La qualifica di "dialetto sloveno" qui considerata è quella derivante dalla legislazione italiana.               



Riferimenti di Legge:

  • La Repubblica riconosce e tutela i diritti dei cittadini italiani appartenenti alla minoranza linguistica slovena presente nelle province di Trieste, Gorizia e Udine, a norma degli articoli 2, 3 e 6 della Costituzione e dell'articolo 3 della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n.
  • La Legge regionale FVG 23 febbraio 2001, n. 38  Norme a tutela della minoranza linguistica slovena della regione Friuli - Venezia Giulia  (Pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n.56 dell'8 marzo 2001)
  • Il frazionamento della minoranza in Italia, come anche la diversa appartenenza statale, rende problematica (nonché in più di qualche caso dichiaratamente avversata) l'adozione dello standard letterario sloveno come lingua comune per l'insieme delle comunità: mentre infatti gli slovenofoni di  Trieste  e di  Gorizia  si riconoscono pienamente nella lingua e nelle tradizioni culturali della vicina  Slovenia  - alle quali hanno dato anzi un contributo storicamente significativo -, i gruppi della  provincia di Udine  ( Slavia friulana ) tendono in genere a porre l'accento sulla differenza dei loro dialetti dallo sloveno standard, per sottolineare la loro peculiarità storica e culturale. Ciò deriva anche dal fatto che, a differenza degli sloveni della  provincia di Trieste  e  Gorizia  che hanno avuto, tranne - ovviamente - durante il ventennio fascista, scuole pubbliche con lo sloveno standard come lingua d'insegnamento dai tempi dell'Impero asburgico, gli sloveni della  provincia di Udine  non hanno mai avuto la possibilità di un contatto costante con la lingua letteraria slovena nonostante le promesse del Regno d'Italia. La loro variante dello sloveno è quindi rimasta sul livello di lingua orale, creando un diffuso fenomeno di  diglossia , che aveva caratterizzato a lungo anche gli sloveni dell'Oltremura .

    La peculiarità del  resiano  ha inoltre indotto alla creazione di una propria standardizzazione ortografica che si è andata diffondendo negli ultimi due decenni. All'inizio del  2007 , però, il consiglio comunale di  Resia  approvò una risoluzione che afferma la volontà del comune di essere inserito nel territorio dove sarà vigente la legge di tutela della minoranza slovena [3] , sebbene resti aperta la polemica soprattutto interna sulla questione dell'uso del resiano scritto nel sistema educativo e amministrativo in luogo dello Sloveno, e sull'opportunità di sostenere la richiesta di un diverso riconoscimento per questo idioma da parte dello stato italiano. In merito a racconto polemica nel 2019 si è espresso anche l'Istituto per la lingua slovena presso il Centro di ricerca scientifica dell'Accademia slovena della scienza e dell'arte di Lubiana [4] [5] il quale ha ribadito che tutti i dialetti sloveni parlati nel territorio dell'ex Provincia di Udine (anche quello resiano) sono effettivamente dialetti della lingua slovena.

    È difficile fare chiarezza sulle posizioni contrastanti che vengono prese nel dibattito anche perché sul territorio della tutela culturale le polemiche vengono alimentate anche da posizioni politiche e ideologiche in buona parte provenienti dall'esterno: in particolare se da un lato gran parte dell'associazionismo sloveno e tutte le correnti filo-slovene spingono per una comune identificazione slovena di tutti i cittadini italiani di lingua slovena del  Friuli-Venezia Giulia  e per l'adozione dello sloveno standard da parte di tutte le comunità, d'altro canto gran parte della politica italiana e anche friulana, e tutto il nazionalismo italiano, ivi comprese le associazioni segrete che svolsero un rilevante ruolo nella storia locale del XX secolo [6] , sono contrari all'identificazione slovena e spingono invece per un'esaltazione delle differenze locali, culturali e storiche, e pertanto per un maggiore riconoscimento delle differenze in particolare dei  resiani  e degli abitanti della  Benecia . Il dibattito attuale è in tutti i casi piuttosto acceso e vario, tanto da essere difficile riportare completamente tutte le posizioni presenti.

    Dialetti sloveni in Italia

    Lo sloveno in Italia è rappresentato da vari dialetti; tutti questi, tranne il  resiano , si estendono anche dall'altra parte del confine con la  Slovenia  (o, nel caso del dialetto del  Gailtal , anche in  Austria ):

    Tranne il primo, che fa parte del gruppo dei dialetti  carinziani , tutti gli altri fanno parte del gruppo dei dialetti del Litorale ( primorska narečna skupina ).

    Quanto al  resiano  tanto i linguisti che i poteri politici e l'opinione pubblica non sono concordi riguardo al suo status: alcuni lo svolgere parte integrante del gruppo dialettale litoraneo, altri parlano di un dialetto di transizione tra i gruppi litoraneo e carinziano, altri ancora sostengono la sua peculiarità nell'ambito della famiglia linguistica slovena; taluni, infine, sostengono invece si tratti di un idioma a sé stante, sebbene simile allo sloveno[ senza fonte ] . Il  Resiano  ha mantenuto infatti degli arcaismi non più esistenti negli altri dialetti sloveni, quale ad esempio il tempo verbale aoristo, e presenta un sistema fonetico del tutto peculiare, con ben quattro varianti locali della dizione. La popolazione parlante, inoltre, sembra propendere ampiamente per un'identificazione indipendente dallo sloveno. In merito a racconto polemica nel 2019 si è espresso anche l'Istituto per la lingua slovena presso il Centro di ricerca scientifica dell'Accademia slovena della scienza e dell'arte di Lubiana., il quale ha ribadito, che i dialetti sloveni parlano nel territorio dell'ex Provincia di Udine (compreso il dialetto resiano) sono effettivamente dialetti della lingua slovena.

    Uso della lingua slovena nella liturgia cattolica

    La Chiesa cattolica usa la lingua slovena nella liturgia ovunque vi sia un numero sufficiente di fedeli sloveni. Nelle diocesi di Trieste e di Gorizia vi sono due vicari episcopali per gli sloveni ed i fedeli sloveni sono organizzati in modo autonomo. Il clero è attivamente impegnato nell'affermazione della convivenza tra la popolazione italiana e quella slovena.

Scolarizzazione in lingua slovena

Sotto la  monarchia austro-ungarica , grazie al regime federale dello Stato l'idioma sloveno ha trovato una sua collocazione scolastica, mentre le terre che scelsero tramite il referendum del  1866  di passare sotto il regno d'Italia non fruirono di questa opportunità. Già nella seconda metà del  SettecentoMaria Teresa d'Austria  e successivamente  Giuseppe II  e  Leopoldo II  furono tre imperatori illuminati che promossero la scolarizzazione di massa in tutto il loro  impero . In seguito alle riforme costituzionali degli anni sessanta dell'Ottocento, la scolarizzazione elementare nella parte austriaca della  duplice monarchia  venne a dipendere dalle amministrazioni comunali. Per gli sloveni del  Goriziano  e del  Carso  ciò significò una scolarizzazione nella lingua slovena standard, mentre a  Trieste  (in quanto prevalentemente italiana) ed anche in parte dell' Istria , dove sia le amministrazioni comunali sia l'istruzione erano italiane, vennero fondate, già dalla seconda metà dell' Ottocento , varie scuole private slovene, dirette dalla "Società  SS. Cirilio e Metodio " ( Cirilmetodova družba ). Questo, insieme alla diffusione delle attività culturali di stampo popolare, ha permesso agli sloveni austroungarici di imparare a leggere e scrivere nello sloveno standard. Dopo l'assegnazione al Regno d'Italia del  Litorale austriaco  avvenuta in base al  trattato di Rapallo (1920) , gli sloveni ivi residenti persero la possibilità di studiare la propria  madrelingua  dai banchi di scuola. In seguito all'applicazione della Legge n. 2185 del 1/10/1923 ( Riforma scolastica Gentile ), nell'area comprendente le attuali provincie di Gorizia e Trieste furono abolite tutte le scuole con lingua di insegnamento slovena (oltre 60). Fu solo dopo la seconda guerra mondiale che gli sloveni riottennero il diritto di frequentare la  scuola dell'obbligo  nella propria lingua di origine dei proprio avi, in base alla Legge n. 1012 del 19/07/1961. In territorio italiano va ricordato monsignor Ivan Trinko appassionato diffusore della cultura slovena, che si opponeva alla proibizione del regime fascista all'uso dello sloveno locale nelle chiese. Questo oltre alla diversa storia delle terre del Natisone rispetto a quelle slovene contribuiscono ad un senso di appartenenza diversa degli Italiani di lingua slava della provincia di Udine dagli sloveni della provincia di Gorizia e Trieste. Tuttavia i rapporti economici, parentali (i tanti matrimoni) e culturali tra le genti delle vallate confinarie (italiane e slovene) lungo il confine della provincia di Udine, sono sempre stati, nei secoli, molto forti.




  • In  Friuli-Venezia Giulia  popolazioni autoctone di lingua tedesca vivono nei comuni della  Val Canale  (dialetti carinziani), a  Timau  presso il Passo di Monte Croce Carnico nel comune di  Paluzza  (dialetto carinziano molto arcaico, con influenza dal  friulano ), nel comune di  Sauris  (qui si parla un dialetto di ceppo  tirolese ) e infine, al confine nord occidentali della regione, nel comune di  Sappada  (dialetto tirolese). Fino al 1918, anche la popolazione germanofona di  Trieste  era significativa (circa il 5%). Il tedesco oltre a friulano, sloveno e all'italiano è una delle quattro lingue ufficiali della Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia. Si stima che in Friuli-Venezia Giulia vivano oltre 8.000 tedeschi.



https://it.wikipedia.org/wiki/Lingua_slove



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Sono un'insegnante elementare che è andata in pensione dopo 37 anni di insegnamento.Abito a Pordenone ma sono legata alla Val Torre da dove proviene mio marito.I miei genitori hanno diretto per 27 anni il giornale Matajur che fu portavoce della Benečija.

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