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Grazia ha scritto:"Carissima Olga sono passata nel tuo nuovo blog su Altervista, volevo commentare ma non hai abilitato i commenti... basta andare in "Impostazioni", poi su" Discussione" e spuntare la casellina "Permetti l'invio di commenti per i nuovi articoli". Appena li abiliti verrò a commentare. Un abbraccio"
Roselia Bezerra ha scritto:"Olá, nasci no dia da avó de Jesus.
Tenho devoção por ela desde adolescente.
Tenha dias abençoados!
Beijinhos
"
MarijaKes ha scritto:"Pěkní vzpomínky na prarodiče. Škoda, že jste nepoznal i prarodiče z otcovy stany. "
DeniseinVA ha scritto:"Questo commento è stato eliminato dall'autore."
Manuel ha scritto:"Una entrada muy bonita."
Ирина Полещенко ha scritto:"Olga, spero che per te vada tutto bene."
antonypoe ha scritto:"tutto bene?
lieto giorno
"
Agricoltore Anacronistico ha scritto:"Ciao, e molto piacere.
Da amante del ciclismo (guardato...e non pedalato) non posso che inchinarmi di fronte a questo ragazzo, al suo estro, la sua caparbietà e le sue innate doti fisiche e mentali.
Da italiano desidererei poter tifare un connazionale, ma da sportivo continuo ad esultare di fronte ad ogni sua impresa.
Questo per lui è stato un anno indimenticabile.
A.A.
"

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giovedì 20 febbraio 2025

IL PETTIROSSO




 Il pettirosso è amico dei taglialegna e di tutti coloro che frequentano il bosco. Basta un colpo d’accetta o di roncola, o stendersi a riposare sotto un albero e il pettirosso appare a tenere compagnia al nuovo venuto.

(Mauro Corona)

Anche sul mio balcone è tornato il pettirosso curioso e timoroso.Mi diverto ad osservarlo e fa compagnia alla mia solitudine.Olgica

martedì 18 febbraio 2025

Ljubka Šorli poetessa, scrittrice e insegnante slovena.

 


Ljubka Šorli (Tolmino, 19 febbraio 1910  Gorizia, 30 aprile 1993) è stata una poetessa, scrittrice e insegnante slovena.

Le sue opere sono segnate dall'esperienza della guerra e della persecuzione, e cantano i luoghi della Slovenia, la natura e le tradizioni religiose. Pubblicò inizialmente in riviste parrocchiali di lingua slovena, illegali sotto il Ventennio fascista. Figura schiva e riservata, è stata per lungo tempo sconosciuta anche al pubblico sloveno. Una traduzione in italiano di alcune sue poesie, "Canti spezzati", è stata pubblicata nel 1994.

Biografia

Šorli era nota in Italia soprattutto per essere la vedova di Lojze Bratuž, martire sloveno del fascismo. Suo padre Luka era un ingegnere, sua madre Alojzija una negoziante. Aveva un fratello e due sorelle.

Allo scoppio della prima guerra mondiale, la famiglia si rifugiò dai parenti a Jesenice. Šorli prese la licenza media nel 1923 a Tolmino. Due anni dopo nel 1925 morì suo padre, che si era arruolato nell'esercito. Il peso della famiglia ricadde sulla madre, che aprì un negozio, dove lavorò anche Šorli.

Collaborò con organizzazioni culturali e laiche, sostituì l'organista e guidò il coro femminile della chiesa. Fu in questo periodo che incontrò Lojze Bratuž, compositore, organista e maestro di cappella: i due si sposarono nell'autunno del 1933. Insieme generarono una figlia, Lojzka e un figlio, Andrej. Lojze Bratuž non volle mai seguire la politica d'italianizzazione forzata perseguita dal governo fascista e per questo fu incarcerato più volte. La notte di Natale del 1936 fece cantare in sloveno il coro della chiesa; per questo motivo gli squadristi lo catturarono due giorni dopo, il 27 dicembre, e lo costrinsero a bere quattro litri di olio per motori mescolato a benzina. Morì il 16 febbraio 1937.

Šorli sopravvisse alle persecuzioni del commissario Gaetano Collotti. Fu mandata nel campo Poggio Terza Armata (Zdravščine) dove sopravvisse con il pensiero: "Attraverso la sofferenza di un nobile destino, una fede è una chiamata: la libertà!".

L'8 settembre 1943, lei e i suoi figli tornarono a Tolmino. Diventò maestra nella stessa scuola elementare frequentata da bambina. Dal 1948 fino al pensionamento nel 1975 insegnò in altre scuole, a Gorizia e nei paesi circostanti.

Pubblicò articoli su riviste culturali e partecipò a vari eventi e serate letterarie.

Morì il 30 aprile 1993. Le è dedicato un busto in via Fran Erjavec (Erjavčeva ulica) a Nova Gorica

🎄

Era il 27 dicembre del 1936, quando il musicista Lojze Bratuž venne strappato (dagli squadristi) alla sua amata Ljubka Šorli e ai due figli piccolissimi Lojzka e Andrej.
Un uomo mite, un maestro di coro con un'unica grande colpa: aver cantato in sloveno o semplicemente essere sloveno nell'Italia fascista.
Era una domenica, aveva diretto il coro di Podgora nei canti della Santa Messa. Gli fu fatto bere a forza olio motore. Morirà, fra atroci dolori, il 16 febbraio 1937.
🎄
Quando sussurano i cipressi.
Ljubka Šorli, in memoria del marito Lojze Bratuž
Il vento ha spazzato le vaste pianure,
vi ha fatto tremare ogni singolo stelo;
il mio pensiero fugge fra le croci
bagnate di lacrime, sotto i cipressi.
E là, tra i cipressi, riposa il mio amore...
Nel cuor della notte li sento frusciare:
gli fanno sapere che continuo ad amarlo,
ed egli ritrova la quiete del sonno.
🎄
Kadar ciprese šumijo
Razgibal je veter široke poljane,
da bilka je vsaka na njih vztrepetala;
a misel je moja med križe zbežala,
kjer v sencah cipres so solze posejane.
In tam med cipresami dragi počiva...
Ko v poznih večerih vrhovi šumijo,
o moji ljubezni mu v noč govorijo,
da v hladni gomili vse mirneje sniva.

domenica 16 febbraio 2025

ATTILIO BERTOLUCCI UN BALLO IN MASCHERA

 

KONSTANTIN SOMOV, “MASCHERATA”


a Giorgio Cusatelli che guardava dalla
finestra distraendosi dallo “Stiffelio”

Chi con cembali e timpani chi con risa e gridi
con parrucche scivolanti in avanti sugli occhi allegri

così anima il lungofiume stipato di neve poi
che l’ultima sera di carnevale ruotando s’accosta

alle dodici e arde sui quadranti rivolti
al cittadino un invito ruffiano o un ammonimento?

Ma non sono clown questi che hanno graziosamente
trasformato in teatro la pensilina delle foresi

dormienti ora e ancora altre ore prima
dell’amaro mercoledì che è domani in rimesse

e parcheggi provinciali dislocati a monte
a valle ben lontano da qui dove un torneo lento

di macchine sfila procede e si perde
per ricomparire luci versando a fiotti

sulle instancabili provocatrici e loro
stivali maculati di bianco corpetti

in cui l’oro rilega pelo d’agnello
madido di un inverno ormai al suo termine irreparabile...

I travestiti di Parma erano un tempo commessi
scolari sarti garzoni di barberìa

in doppio apprendistato sotto maestri esperti
nelle due arti e anche non sempre in bel canto

col gusto di tradire il genio del luogo se è
Cremonini a chiamare con tanta dolcezza

l’animale gentile e canoro strumento
ambiguo di voluttà alla mente convulsa...

Vengono e vengono da città vicine
alla 
pétite capitale d’autrefois che suoi cittadini

empi e rozzi non vogliono ducale per inserirla
nel dialogo nell’abbraccio mortale America Russia

sotto il segno intrecciato della pop art e della democrazia progressiva.
Ma s’accostino prudenti che potrebbero sembrare

clienti timidi o voyeurs moralisti e venire
irrisi o colpiti da palle di neve infallibili

e riconoscano in queste feste di Parma
in questi costumi fantasiosi e impudenti

la linea serpentina locale ripresa
con inaudito sprezzo del pericolo

da figli del popolo e dei borghi malsani
fioriti di sorelle dalle dolci gambe cui

rubare atteggiamenti e fondi tinta
per la necessità di essere inanzitutto colpevoli.

Ha ripreso a nevicare i forestieri se ne vanno
felpati i rimasti non demordono

inventano mimiche accordate
all’infinita discesa di farfalle dal cielo.

(da Viaggio d’inverno, Garzanti, 1971)


Attilio Bertolucci (San Prospero Parmense, 18 novembre 1911 – Roma, 14 giugno 2000), poeta italiano. Le sue opere poetiche sono il risultato di una felice contaminazione tra eredità ermetica e capacità di tradurre ogni astratta eleganza in un discorso poetico naturale.

da https://cantosirene.blogspot.com/2018/02/

giovedì 13 febbraio 2025

IL MONDO CHE VORREI

 


Il cielo è di tutti

Qualcuno che la sa lunga
mi spieghi questo mistero:
il cielo è di tutti gli occhi
di ogni occhio è il cielo intero.
È mio, quando lo guardo.
È del vecchio, del bambino,
del re, dell’ortolano,
del poeta, dello spazzino.
Non c’è povero tanto povero
che non ne sia il padrone.
Il coniglio spaurito
ne ha quanto il leone.
Il cielo è di tutti gli occhi,
ed ogni occhio, se vuole,
si prende la luna intera,
le stelle comete, il sole.
Ogni occhio si prende ogni cosa
e non manca mai niente:
chi guarda il cielo per ultimo
non lo trova meno splendente.
Spiegatemi voi dunque,
in prosa od in versetti,
perché il cielo è uno solo
e la terra è tutta a pezzetti.

domenica 9 febbraio 2025

FEBBRAIO


 FEBBRAIO

Febbraio è sbarazzino.
Non ha i riposi del grande inverno,
ha le punzecchiature,
i dispetti
di primavera che nasce.
Dalla bora di febbraio
requie non aspettare.
Questo mese è un ragazzo
fastidioso, irritante
che mette a soqquadro la casa,
rimuove il sangue, annuncia il folle marzo
periglioso e mutante.
Vincenzo Cardarelli

“Febbraio” è una poesia di Vincenzo Cardarelli (1887-1957) dedicata al mese più breve dell'anno. 

sabato 1 febbraio 2025

La pioggia di Primavera

 

FOTOGRAFIA © NICOLAS VIGIER

.


DARIA MENICANTI

LA PIOGGIA DI PRIMAVERA

La pioggia di febbraio fredda a e buia
non ha le fragorose libertà
dell’estate,
l’assorto brusio
delle prime giornate d’aprile.

La pioggia di febbraio pensa a sé;
e tace
e striscia
e nera si rintana
nelle cunette e fogne di città.
La maledetta pioggia di febbraio
piove per conto suo.

febbraio 1964

(da Un nero d’ombra, 1969)

Daria Menicanti (Piacenza, 1914 – Mozzate, 4 gennaio 1995), poetessa, insegnante e traduttrice italiana. In lei si mescolano il registro sarcastico e ironico e quello più sottile della malinconia. Per Lalla Romano la sua era “una voce nuova, moderna e classica, per niente alla moda, ma libera e anche audace”.

https://cantosirene.blogspot.com/2025/02/

giovedì 9 gennaio 2025

PIOVE

 

foto da 

https://counselingprofessionale.blogspot.com/2013/08/quando-piove.html

Piove

Piove, e se piovesse per sempre
sarebbe questa tua carezza lunga
che si ferma sul petto, le tempie;
eccoci, luccicante sorella,
nel cerchio del tempo buono, nell’ora indovinata
stiamo noi, due guardi versati in un corpo,
uno stare senza dimora
che ci fa intangibili, sottili come un sentiero di matita
da me a te né dopo né dove, amore, nello scorrere
quando mi dici guardami bene, guarda:
l’albero è capovolto, la radice è nell’aria.

Pierluigi Cappello

Questa poesia, inclusa nella raccolta Mandate a dire all’imperatore (Crocetti 2010), è costituita da undici versi liberi di disomogenea lunghezza, e da un unico periodo suddivisibile in tre parti: i primi tre versi fino al punto e virgola; il blocco centrale, dal verso 4 ai due punti del verso 10; la conclusione, concentrata nel verso 11. Nell’incipit l’immagine della pioggia si discosta da una consistente tradizione letteraria che associa tale fenomeno atmosferico a stati d’animo malinconici; lo scorcio su una giornata piovosa contribuisce qui ad evocare un senso di intimità e dolcezza, per mezzo della metafora pioggia/ carezza, che ci trasporta in un tempo dilatato, fitto di percezioni sensoriali: vista, udito, tatto. Nel blocco centrale si evidenzia il passaggio al «noi», espresso dall’utilizzo dei pronomi personali ai vv. 4, 6, 8. L’io poetante gravita intorno al rapporto con l’amata, apostrofata «luccicante sorella»: l’aggettivo allude all’azione benefica, catartica, rigenerante della pioggia. La dimensione temporale, che percorre per intero il verso 5, assume l’andamento ciclico di un tempo felice, quasi una rievocazione del Kairos, divinità greca del tempo opportuno; la rappresentazione del cerchio rimanda simbolicamente ad un’unione armonica e perfetta. Un legame che, prendendo le mosse dallo sguardo, sfocia in una compenetrazione simbiotica, ma che nel contempo aborre la stasi, mostrandosi incline alla libertà e al movimento: si noti il poliptoto del verbo «stare (vv. 6-7), associato ad espressioni attinenti al campo semantico dell’inafferrabilità. In un gioco di sottili antitesi tra corporeo/incorporeo, materiale/immateriale, la reale dimora del noi si rivela essere una terra senza luogo né tempo, che non necessita di certezze esteriori, ma poggia su un amore autentico, in grado di ritrovarsi. I contorni surreali dell’excipit, a delineare la visione dell’albero capovolto, rinviano allo sguardo differente, alle prospettive inedite ed inusuali che l’incontro genera, ed individuano il significato della comunione con l’amata in un percorso di integrità all’insegna della crescita e dell’elevazione, nell’accoglimento dell’impermanenza.

 

Pierluigi Cappello è nato a Gemona del Friuli (Ud) nel 1967 e ha trascorso la sua prima giovinezza a Chiusaforte (Ud) per poi, in un secondo momento, trasferirsi a Cassacco (Ud). All’età di sedici anni, a causa di un incidente con il motorino, si è trovato precluso l’utilizzo delle gambe. In vita ha pubblicato le raccolte di poesie Ecce Homo (Comunità montana della Carnia, Tolmezzo 1992), Le nebbie (Campanotto, Pasian di Prato 1994), La misura dell’erba (Ignazio Maria Gallino Editore, Milano 1998), Il me Donzel (Mondovì 1999), Amôrs (Campanotto, Pasian di Prato 1999), Dentro Gerico (La barca di babele, Meduno 2002), Dittico (Liboà editore 2004), Assetto di volo (Crocetti, Milano 2006), Mandate a dire all’imperatore (Crocetti, Milano 2010), Azzurro elementare (Rizzoli, Milano 2017), Stato di quiete (Rizzoli, Milano 2016); il romanzo Questa libertà (Rizzoli, Milano 2013); la raccolta di prose e interventi Il dio del mare (Lineadaria Editore, Biella 2008); l’antologia di traduzioni in friulano Rondeau. Venti variazioni d’autore (Forum, Udine 2011); il libro di filastrocche per bambini Ogni goccia balla il tango (Rizzoli, Milano 2014). Suoi versi (già editi) sono apparsi anche inoltre anche in numerose plaquettes e edizioni d’arte, riviste letterarie e antologie. Per il suo lavoro poetico ha ottenuto numerosi riconoscimenti importanti, come, ad esempio, il premio Città di San Vito 1999, il Premio Montale 2004, il Premio Bagutta 2007, il Premio Viareggio – Repaci 2010, il Premio Vittorio De Sica 2012 per la poesia conferitogli dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, il premio Bruno Cavallini, il Premio Vicino/Lontano 2014. Il 27 settembre 2013 l’Università di Udine gli ha conferito la laurea honoris causa in Scienze della formazione. È morto nel 2017. https://www.poesiadelnostrotempo.it/piove-di-pierluigi-cappello/

mercoledì 8 gennaio 2025

Poesia del poeta sloveno SREČKO KOSOVEL

 


Poeti sloveni del Litorale

Tradotti da JOLKA MILIČ , Sežana 1926 – Sežana 2021
SREČKO KOSOVEL
Da ” Il mio canto – Moja pesem” a cura di/uredila Jolka Milič
Introduzione/ uvodni esej di Marija Pirjevec 2002
La vecchia dietro il villaggio
Bambini affamati giacciono sul fieno,
la bora infuria dietro l’abbaino
sotto la bassa e grigia fronte della casa -
la notte ha coperto la pianura.
Il più piccolo sogna: una patatina,
non una – ma una scodella piena. -
Dietro l’oscuro villaggio arranca in silenzio
la grigia e cenciosa Miseria.
Il secondo sogna: una patatina lessa
riscalda le manine infreddolite.-
Dietro le case cammina pian piano
sghignazzando gelidamente.
Il terzo, il quarto e il quinto e tutti -
mille e più – io non riesco a dormire.
Non ho nulla, ma ciò nonostante penso:
Tutto, oh, tutto, vi vorrei dare!
***
Il vento, il vento, fanciulla
Il vento, il vento, fanciulla,
scherza con i tuoi capelli,
il vento ti bacia sul collo
e sulla bianca fronte.
Il vento, il vento, amor mio,
gioca con te, con te,
tra noi due non c’è che il vento,
del resto siamo soli.
Siamo soli nella landa,
tra le rocce e i rovi.
Dammi un bacio, fanciulla,
non temere che qualcuno arrivi.

Notizia minima sul poeta
Srečko Kosovel, nasce a Sežana , il 18 marzo 1904.
Nel 1915 conclude la scuola elementare a Tomaj, dove la famiglia si era frattanto trasferita.
Dal 1915 al 1922 frequenta il ginnasio a Lubiana.
Nell’autunno del 1922 si iscrive alla facoltà di filosofia di quell’università .
Muore a Tomaj, il 27 maggio 1926.
fonte fb

venerdì 3 gennaio 2025

Rosa Fabregat




Il 30 dicembre è morta nella sua casa di Lleida la poetessa catalana Rosa Fabregat. Farmacista, si appassionò alla letteratura pubblicando una dozzina di romanzi e una dozzina di libri di poesia, oltre a racconti, saggi e articoli su testate di Barcellona e di Lleida. Molte delle sue poesie celano sotto un’apparenza chiara significati esperienziali intensamente sentiti, conflitti emotivi, cambiamenti e processi vitali. La poesia è stata dunque per lei il mezzo per trascenderli e per liberarsi.

FIGLIO

Figlio,
tu sei la vita che sale
su una sedia.
Io
sono la sedia
su cui sale
una vita che comincia.

(da Stelle, 1978)

GIOCHI

Due lune d'argento,
- bicchieri dolci -
mi allungano gli occhi
con luce elastica.

Il disco bianco della notte
scivola a poco a poco
nell'oscurità
finché non si scioglie:
gioca con lo spazio.
Il disco bianco dell'orologio,
gemello dell'altro,
occhio luminoso del campanile,
incastonato nella pietra,
pieno di ingranaggi,
gioca con il tempo.

(da Tempo del corpo e tredici lune fragola, 1980)

da https://cantosirene.blogspot.com/2025/01/rosa-fabregat.html

mercoledì 1 gennaio 2025

L' anno nuovo


 Indovinami, indovino

tu che leggi nel destino:
l’anno nuovo come sarà?
Bello, brutto, o metà e metà?

“Trovo stampato nei miei libroni
che avrà di certo quattro stagioni,
dodici mesi, ciascuno al suo posto,
un carnevale e un ferragosto,
e il giorno dopo del lunedì
avrà sempre un martedì.

Di più per ora scritto non trovo
nel destino dell’anno nuovo:
per il resto anche quest’anno
sarà come gli uomini lo faranno”.

Gianni Rodari

domenica 1 dicembre 2024

DICEMBRE

 


DARIA MENICANTI

DICEMBRE

L’anno si accorcia: l’anno –
dicevano – sta già bruciando gli assi.
Ma il coraggio che occorre
per accettare quello che sei stato
quello che sei – il poco che sei ora –
l’animo che ci vuole
per ricominciare tutto da capo.
Coi pochi amici ultimi e le care
cose prima che affondino
affrettati a doppiare a uscire
al largo azzurro e ignoto

(da Ultimo quarto, 1990)


Daria Menicanti (Piacenza6 aprile 1914 – Mozzate4 gennaio 1995) è stata una poetessa e traduttrice italiana.

https://cantosirene.blogspot.com/2024/



lunedì 25 novembre 2024

 


BLAGA DIMITROVA

DONNA SOLA IN CAMMINO

Scomodo rischio è questo
in un mondo ancora tutto al maschile.
Dietro a ogni angolo ti aspettano
in agguato incontri vuoti.
E percorri vie che ti trafiggono
con sguardi curiosi.
Donna sola in cammino.
Essere inerme
è la tua unica arma.

Tu non hai mutato alcun uomo
in protesi per sostenerti,
in tronco d'albero per appoggiarti,
in parete - per rannicchiarti al riparo.
Non hai messo il piede su alcuno
come su un ponte o un trampolino.
Da sola hai iniziato il cammino,
per incontrarlo come un tuo pari
e per amarlo sinceramente.

Se arriverai lontano,
o infangata cadrai,
o diventerai cieca per l'immensità
non sai, ma sei tenace.
Se anche ti annientassero per strada,
il tuo stesso partire
è già un punto d'arrivo.
Donna sola in cammino.
Eppure vai avanti.
Eppure non ti fermi.
Nessun uomo può
essere così solo
come una donna sola.
Il buio davanti a te cala
una porta chiusa a chiave.
E non parte mai, di notte
la donna sola in cammino.
Ma il sole come un fabbro
schiude i tuoi spazi all'alba.

Tu cammini però anche nell'oscurità
e non ti guardi intorno con timore.
E ogni tuo passo
è un pegno di fiducia
verso l'uomo nero
col quale a lungo ti hanno impaurita.
Risuonano i passi sulla pietra.
Donna sola in cammino.
I passi più silenziosi e arditi
sulla terra umiliata,
anche lei
donna sola in cammino.

1965

(da Tempo inverso, 1966 – Traduzione di Valeria Salvini)

.

La poesia di Blaga Dimitrova dice già tutto: è un grido che parte dalla vulnerabilità delle donne in un mondo maschile e che termina con un rinnovato segno di consapevolezza e di sfida verso un necessario cambiamento, un cambio di passo che deve essere attuato quanto prima e ogni giorno e non soltanto ricordato nella Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne.

.

Blaga Nikolova Dimitrova (Bjala Slatina, 2 gennaio 1922 – Sofia, 2 maggio 2003), poetessa, scrittrice e politica bulgara, vicepresidente della Bulgaria dal gennaio 1992 al luglio 1993. Nel tempo la sua poetica passò da tematiche sentimentali che la portarono a scrivere prevalentemente liriche d'amore ad un maggiore impegno sociale e politico.

da https://cantosirene.blogspot.com/


lunedì 11 novembre 2024

San Martino


 San Martino di Carducci

Non si può inoltre non citare la celebre poesia di Carducci, che intitolata al Santo ci parla di mosto, di nebbia, di autunno e caldarroste, tutto ciò che il nome San Martino evoca nella tradizione.

.La nebbia a gl'irti colli

piovigginando sale,
e sotto il maestrale
urla e biancheggia il mar;

ma per le vie del borgo
dal ribollir de' tini
va l'aspro odor dei vini
l'anime a rallegrar.

Gira su' ceppi accesi
lo spiedo scoppiettando:
sta il cacciator fischiando
su l'uscio a rimirar

tra le rossastre nubi
stormi d'uccelli neri,
com'esuli pensieri,
nel vespero migrar.

La nebbia a gl'irti colli
piovigginando sale,
e sotto il maestrale
urla e biancheggia il mar;

ma per le vie del borgo
dal ribollir de' tini
va l'aspro odor dei vini
l'anime a rallegrar.

Gira su' ceppi accesi
lo spiedo scoppiettando:
sta il cacciator fischiando
su l'uscio a rimirar

tra le rossastre nubi
stormi d'uccelli neri,
com'esuli pensieri,


Ma, previsioni a parte, perché si chiama così? La leggenda più diffusa vuole che, proprio l’11 Novembre, San Martino abbia incontrato un povero, nudo e infreddolito, mentre faceva una passeggiata a cavallo nei pressi della città di Amiens, in Francia. Il freddo era pungente e il Santo non esitò a tagliare in due il suo mantello per offrire un riparo anche al viandante. Il gesto sarebbe stato così apprezzato che, proprio mentre donava metà del suo mantello al povero, spuntò un sole caldo.

Poesia di Patrizia Cavalli

 

FOTOGRAFIA © GIOVANNI/PEXELS

PATRIZIA CAVALLI

OGNI BELLA GIORNATA DI NOVEMBRE

Ogni bella giornata di novembre
è quasi sempre un’occasione persa.
La luce ha fretta
la luce di novembre non aspetta,
ci pensi sopra e non è più in offerta.
E ci si illanguidisce alla promessa
di una felicità, ah, più che certa
se solo avessi avuto l’accortezza
di predisporre il giusto materiale: 
un giro inconcludente in bicicletta
e labbra sfaccendate da baciare.

(da Pigre divinità e pigra sorte, Einaudi, 2006)

da il canto delle sirene


domenica 3 novembre 2024

CAPPELLO PIERLUIGI


 Pierluigi Cappello (Gemona del Friuli8 agosto 1967 – Cassacco1º ottobre 2017) è stato un poeta italiano.[1] Scrisse numerose opere in lingua italiana e in lingua friulana, rientrando nell'omonima letteratura. Fu il vincitore del Premio Viareggio-Rèpaci 2010 per la poesia[2] con Mandate a dire all'imperatoreCrocetti Editore.Pierluigi Cappello nasce a Gemona del Friuli nel 1967, ma è originario di Chiusaforte, dove trascorre l'infanzia.

Cappello e la sua famiglia furono vittime del terremoto di magnitudo 6.5 che colpì il Friuli il 6 maggio 1976. All'età di sedici anni subì un tragico incidente in moto, che lo lasciò permanentemente confinato su una sedia a rotelle. Qualche tempo dopo la famiglia si trasferì nella cittadina di Tricesimo (Udine). Per una maggiore autonomia di vita, Cappello poi si trasferì in una casa prefabbricata di proprietà del Comune, tra quelle fornite dall'Austria nel post-terremoto; lì Cappello visse per la maggior parte della sua vita. Negli ultimi anni si trasferì a Cassacco (Udine) in una casa vera adatta alle sue necessità.

Dopo aver compiuto gli studi superiori a Udine presso la Sezione di Aeronautica dell'Istituto Tecnico Industriale Arturo Malignani, frequenta la facoltà di Lettere presso l'Università di Trieste, senza tuttavia concludere il corso di studi. Nel 1999, assieme a Ivan Crico, fonda e dirige per diverso tempo La barca di Babele, una collana di poesie edita dal Circolo Culturale di Meduno, che accoglie autori noti dell'area friulana, veneta e triestina. Vive per molti anni a Tricesimo (Udine) e successivamente a Cassacco, dove scrive e dove lo si vede impegnato in un'intensa attività artistica e di diffusione della cultura anche nelle scuole e all'università. Varie e significative sono le iniziative culturali promosse in Friuli anche grazie a questo poeta, legate principalmente alla poesia e al teatro.

Nel 2006 include la quasi totalità delle proprie poesie in Assetto di volo, a cura di Anna De Simone, con introduzione di Giovanni Tesio, Crocetti Editore, Milano. Per questo libro vince il Premio Nazionale Letterario Pisa;[3] il Premio Bagutta 2007 sezione Opera Prima, il Superpremio San Pellegrino 2007, il Premio Speciale della Giuria "Lagoverde 2010".

Nel 2010 pubblica una nuova silloge poetica, Mandate a dire all'imperatore, con postfazione di Eraldo Affinati, per i tipi di Crocetti Editore, Milano 2010.

Sue poesie sono apparse sulle seguenti riviste e antologie: «Caffè Michelangiolo», «clanDestino», «Diverse Lingue», «La Battana»,«Poesia», «Tratti»; «Il pensiero dominante», a cura di F. Loi e D. Rondoni, Garzanti, Milano 2000; Fiorita periferia. Itinerari nella nuova poesia in friulano, a cura di G. Vit e G. Zoppelli Campanotto Editore, Udine 2002; Tanche giaiutis (Come averle). La poesia friulana da Pasolini ai nostri giorni, a cura e con un saggio introduttivo di A. Giacomini, Associazione Colonos, Lestizza (Ud) 2003; La stella polare. Poeti italiani dei tempi “ultimi”, a cura di Davide Brullo, Città Nuova Editrice, Roma 2008. “Mandate a dire all'imperatore”, in “Poesia”, Anno XXII, marzo 2009, N. 236, pp. 17–22.

Pubblicò, riunite in volume, anche prose liriche comparse precedentemente su riviste, libri, monografie di poeti, col titolo «Il dio del mare», Lineadaria Editore, Biella 2008. Sulla sua poesia hanno scritto, tra gli altri, Giovanni Tesio, che è l'autore di gran parte delle prefazioni ai suoi libri, Anna De Simone, Amedeo Giacomini, Alessandro Fo, Franco Loi, Mario Turello e Gian Mario Villalta.

Nel 2014 Cappello venne nominato beneficiario della Legge Bacchelli, una garanzia di sostegno finanziario a vita da parte del governo italiano e destinato agli artisti di merito.

Cappello è mancato il 1 ottobre 2017 nella sua casa di Cassacco dopo una lunga malattia.

da wikipedia

Interno giorno

Per dire che cosa mi tengo
per dire che cosa, leggendo
uno spartito che trattenga il cielo
alto, sempre alto, per ogni pagina ascoltata
dentro il fumo
dentro ogni gola pietrificata
qui, dove non volevo
dentro il rumore di prima
il rumore di dopo
dove sempre ci si ritrova
quanto un vento, un contorno
dopo che non si è capito
e qualcosa come uno stormo si stacca
in fuga dall’incendio
una nota, dai vetri, una voce
il breve sussurrare dei poeti.


Assetto di volo
 (Crocetti, 2006)

dal web

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