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Grazia ha scritto:"Carissima Olga sono passata nel tuo nuovo blog su Altervista, volevo commentare ma non hai abilitato i commenti... basta andare in "Impostazioni", poi su" Discussione" e spuntare la casellina "Permetti l'invio di commenti per i nuovi articoli". Appena li abiliti verrò a commentare. Un abbraccio"
Roselia Bezerra ha scritto:"Olá, nasci no dia da avó de Jesus.
Tenho devoção por ela desde adolescente.
Tenha dias abençoados!
Beijinhos
"
MarijaKes ha scritto:"Pěkní vzpomínky na prarodiče. Škoda, že jste nepoznal i prarodiče z otcovy stany. "
DeniseinVA ha scritto:"Questo commento è stato eliminato dall'autore."
Manuel ha scritto:"Una entrada muy bonita."
Ирина Полещенко ha scritto:"Olga, spero che per te vada tutto bene."
antonypoe ha scritto:"tutto bene?
lieto giorno
"
Agricoltore Anacronistico ha scritto:"Ciao, e molto piacere.
Da amante del ciclismo (guardato...e non pedalato) non posso che inchinarmi di fronte a questo ragazzo, al suo estro, la sua caparbietà e le sue innate doti fisiche e mentali.
Da italiano desidererei poter tifare un connazionale, ma da sportivo continuo ad esultare di fronte ad ogni sua impresa.
Questo per lui è stato un anno indimenticabile.
A.A.
"

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mercoledì 29 gennaio 2025

ANTISEMITISMO




 

Il termine "antisemitismo" venne coniato nel settembre 1879, a Berlino, in Germania, da parte del nazionalista Wilhelm Marr, nello scritto La strada verso la vittoria del Germanismo sul Giudaismo, da una prospettiva aconfessionale, come eufemismo di Judenhass («odio per gli ebrei»): nonostante l'etimologia, esso non si riferisce all'odio nei confronti dei "popoli semiti" (cioè quelli che parlano lingue appartenenti al gruppo semitico, quali l'arabo, l'ebraico, l'aramaico e l'amarico), ma unicamente all'odio e alla discriminazione nei confronti degli ebrei. Il concetto espresso da Marr, che nei suoi scritti successivi verrà visto come un errore e ritrattato, nel secolo successivo assumerà valenze diverse, più ampie e coinciderà spesso con la definizione degli atteggiamenti persecutori, tra i più gravi della storia contemporanea.

In Italia

Si hanno tracce di antisemitismo sin dall'epoca romana, in particolare nelle "Historiae" di Tacito è presente una digressione sugli usi e costumi del popolo ebraico, dove l'autore latino esprime con disprezzo la diffidenza del pagano colto nei confronti di un popolo di cui fraintende volutamente le usanze e la religione, incentrata sul culto di un unico dio.

Anche in Italia l'antisemitismo è stato secolare; per esempio nel Medioevo i giudei furono più volte espulsi dal Regno di Napoli e, dove erano invece accettati, erano considerati con diffidenza. Nel 1493 il governatore veneziano di Corfù, essendo arrivata nell'isola una nave carica di giudei scacciati appunto dal Regno di Napoli e poiché quei profughi chiedevano di stabilirsi nell'isola, chiese istruzioni al Senato di Venezia; gli fu risposto che li accettasse purché s'impegnassero di rinunziare alla pratica dell'usura. Il più antico documento italiano di cui ci sia rimasta notizia a proposito dell'obbligo per i giudei di mostrare un contrassegno giallo cucito sul petto, è il seguente bando milanese del 31 agosto 1473:

MCCCCLXXIII, DIE ULTIMO AUGUSTI, MEDIOLANI PROCLAMATUM EST UT INFRA. Per parte et comandamento de li spettabili e generosi Maestri dell'intrate del nostro ill. Principe, et excell. Signor Duca, Galeazzo Maria Sforza Vesconte ecc. – (la cui ill. Signoria el summo Iddio accreschi e mantenga longamente in stato felice). – In executione de lettere de sua Excellentia, date a Cropello a dì 27 del mese presente, et signate A. Iacobus, per le quale vuole sua Celsitudine, como convene al vero e christianissimo Principe, che nel dominio suo siano distincti et cognosciuti li Hebrey da li Christiani, como etiam è usato in altri paesi de' Christiani; per la presente crida, la quale habeat vim decreti ducalis, se ordina et se comanda ad caduno como se voglii Hebreo, che deba portare uno O gialdo nel pecto per segnale, et de tal forma e grandezza, ch'ello sia distintamente cognosciuto da Christiani, et se gli dà termine quindeci dì proximi a venire ad mettersi detto signale nel petto. Li quali quindeci giorni proximi passati che saranno, qualunque di essi Hebrei serà da può trovati senza dicto O gialdo nel pecto apertamente, come è predicto, debbia incorrere in la pena de tracti quattro di corda, e de pagare ducati mille d'oro da ser applicati alla camera ducale irremissibilmente. Signat. GABRIEL. (Carlo Sgorbio, Codice visconteo-sforzesco ecc. P. 418. Milano, 1846.)


Seppur anticipato da alcune sporadiche dichiarazioni di esponenti del regime, l'antisemitismo dell'Italia fascista incomincia ufficialmente il 14 luglio 1938 con la pubblicazione del Manifesto della razza ed è preceduto dalla venuta di Hitler in Italia, dal 3 al 9 maggio. Due mesi dopo la visita in Italia del Führer, viene pubblicato il Manifesto redatto quasi tutto da Mussolini, ma sottoscritto da un gruppo di scienziati. Tra questi Nicola Pende che risultò dai giornali dell'epoca tra i firmatari del Manifesto ma venne assolto in un processo postbellico per non aver mai aderito alle posizioni degli scienziati razzisti.

I giornali aprono subito una campagna antisemita: esce La difesa della razza diretta da Telesio Interlandi, che ha come segretario di redazione Giorgio Almirante. La razza di riferimento è la razza ariana.

A partire dal 5 settembre 1938, una serie di disposizioni legislative, le cosiddette "leggi razziali", introducono una serie di pesanti discriminazioni nei confronti degli ebrei, che, tra l'altro, vengono espulsi da ogni incarico nella pubblica amministrazione (e quindi anche dall'insegnamento nelle scuole e nelle università), e non possono accedere ad alcune professioni come quella di notaio e di giornalista.

L'antisemitismo italiano, al contrario di quello tedesco (basato su pregiudizi razziali/biologici/sessuali), aveva una forte componente religiosa/spirituale: tendeva cioè, almeno nelle intenzioni iniziali di alcuni dei suoi padri (tra cui diversi religiosi cattolici), a discriminare principalmente gli ebrei non convertiti. Lo stesso Mussolini elaborò lo slogan "Discriminare e non perseguitare" per indicare la filosofia che, secondo la versione data dal regime, sarebbe stata adottata nell'applicazione delle leggi razziali e, in un discorso tenuto a Trieste nel settembre 1938, affermò esplicitamente che "gli ebrei che hanno indiscutibili titoli di benemerenze militari e civili troveranno la giusta comprensione del Regime. Questo esplicitare un distinguo rispetto all'ondata antisemita "biologica" europea, era probabilmente dovuto, tra le altre cose, al tentativo di rassicurare quella parte degli ebrei italiani (soprattutto tra le classi più benestanti) che fino ad allora avevano appoggiato prima il movimento fascista e poi la dittatura.

Con l'avvento della Repubblica Sociale Italiana questa distinzione tra antiebraismo spirituale e antiebraismo biologico venne completamente a cadere, e gli ebrei italiani vennero perseguitati alla pari di quelli tedeschi....continua https://it.wikipedia.org/wiki/Antisemitismo

                           



martedì 26 novembre 2024

Campo di concentramento di GONARS (Udine)


 Il campo di concentramento di Gonars è stato un campo di concentramento realizzato dal regime fascista nell'autunno del 1941 presso Gonars, in provincia di Udine, e utilizzato per internare i civili rastrellati nei territori occupati dall'esercito italiano nell'allora Jugoslavia.

La struttura

Il campo di Gonars, costruito appena fuori dall'omonimo abitato in un terreno lungo la Napoleonica, era costituito da due recinti distinti a circa un chilometro uno dall'altro, il campo A e il campo B, il quale a sua volta era diviso in tre settori, Alfa, Beta e Gamma. Era circondato da un alto filo spinato, con torrette di guardia con mitragliatrici e potenti fari che lo illuminavano a giorno.

Storia

La costruzione

Il campo era stato costruito nell'autunno del 1941 in previsione dell'arrivo di prigionieri di guerra russi, ma non fu mai utilizzato per questo scopo.[2] Nella primavera del 1942 invece fu destinato all'internamento dei civili all'interno della “Provincia di Lubiana”, rastrellati dall'esercito italiano in applicazione della Circolare 3C del generale Roatta, comandante della 2ª Armata, nella quale si stabilivano le misure repressive da attuare nei territori occupati e annessi dall'Italia.

Primo utilizzo: la repressione degli oppositori

Le due massime autorità civili e militari della Provincia di Lubiana, l'Alto Commissario Emilio Grazioli e il generale Mario Robotti, comandante dell'XI Corpo d'armata, attuarono le misure repressive: così ci furono fucilazioni di ostaggi, incendi di villaggi e deportazioni di popolazioni intere. Nella notte tra il 22 e il 23 febbraio del 1942 la città di Lubiana fu circondata interamente da filo spinato, tutti i maschi adulti furono arrestati, sottoposti a controlli e la gran parte di essi fu destinata all'internamento. In breve anche le altre città della "provincia" subirono la stessa sorte.[3]

Gli arrestati furono portati nel campo di concentramento di Gonars, dove nell'estate del 1942 erano presenti già più di 6000 internati, ben oltre le possibilità ricettive del campo, che era allestito per meno di 3000 persone.[5] A causa del sovraffollamento, delle precarie condizioni igieniche e della cattiva alimentazione, ben presto si diffusero varie malattie, come la dissenteria, che cominciarono a mietere le prime vittime.[6][7]

In questo primo periodo nel campo si trovarono concentrati intellettuali, insegnanti, studenti, operai e artigiani; quindi tutti coloro che erano considerati potenziali oppositori e tra essi c'erano anche molti artisti che alla detenzione nel campo hanno dedicato molte delle loro opere. Sotto pseudonimo erano internati anche esponenti del Fronte di Liberazione sloveno, che sarebbero poi diventati dirigenti della Resistenza jugoslava.[6] Alcuni di essi nell'agosto del 1942 organizzarono una fuga dal campo, scavando una lunga galleria sotto la baracca XXII.[8] Dopo la fuga, la gran parte degli internati fu trasferita in altri campi che nel frattempo erano stati istituiti in Italia, in particolare a Monigo, a Chiesanuova e a Renicci nonché a Visco, in provincia di Udine, a pochi chilometri da qui. continua continua qui ...https://it.wikipedia.org/wiki/Campo_di_concentramento_di_Gonars

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giovedì 24 ottobre 2024

IL MEDIOEVO

 



Il Medioevo

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Dopo il crollo dell'Impero Romano d'Occidente


 il Friuli entrò a far parte del Regno di  Odoacre  e successivamente di quello ostrogoto di  Teodorico . La riconquista  bizantina  voluta dal grande  Giustiniano  ( 535 - 553 ) fu, per la Regione, di breve durata: nel  568  i  Longobardi  la occuparono.

La capitale venne spostata a  Forum Iulii , fortificata nel corso del Medioevo per poter resistere ad altri barbari. In epoca longobarda Forum Iulii si impone come il più importante e popoloso centro della Regione e, nei secoli successivi, mutò il suo nome in quello di  Cividale del Friuli . La città, prima ancora di perdere definitivamente la sua denominazione latina, diede a sua volta il proprio nome all'intero territorio. Con successivi passaggi linguistici infatti, il nome Forum Iulii, sulla bocca delle popolazioni friulane di allora, si trasformò in Friûl e si estese fino ad indicare la totalità del ducato longobardo friulano.

I Longobardi lasciano un profondo segno nella storia del Friuli, creando un forte  ducato , che fin dalle sue origini rivestì una funzione militare e politica di primo piano nell'ambito del  regno longobardo . Durante tutta la sua esistenza, il Ducato del Friuli si configurerà come una vera e propria barriera contro le minacce degli  Avari  e degli  Slavi . Tale funzione strategica fu intuita fin dagli albori del dominio longobardo: il Ducato del Friuli fu infatti il ​​primo ad essere costituito in  Italia  e lo stesso  Alboino  volle affidarlo al nobile  Gisulfo , suo parente e braccio destro. Non a caso, molti duchi del Friuli divennero anche re dei Longobardi. Fra questi,  Rachis  (prima metà dell' VIII secolo ), sovrano di ampia cultura e profondamente religioso, fu un convinto sostenitore del processo di fusione fra l'elemento germanico e quello romano o romanizzato che oramai sia in Friuli che nel resto dell'Italia longobarda poteva considerarsi pienamente realizzato. L'adozione della  religione cattolica  ( VII secolo ) e della  lingua latina  avevano infatti permesso ai  Longobardi  di integrarsi con le popolazioni autoctone e di partecipare attivamente allo sviluppo, anche civile e culturale, del territorio. Longobardi del Friuli furono anche  Astolfo , successore di Rachis prima come duca del Friuli, poi come re d'Italia, e infine lo storico  Paolo Diacono , autore della  Historia Langobardorum  e professore di grammatica latina presso la corte di  Carlo Magno .

Alla dominazione Longobarda seguì quella  franca , che iniziò a partire dagli ultimi decenni dell'VIII secolo . I Franchi riorganizzarono il Ducato del Friuli su base comitale e lo inserirono nel  Regnum Italicum . Fu poi trasformato in  Marca del Friuli  nell'846 . A cavallo tra i secoli  IX  e  X  il Friuli fu coinvolto nella lotta per il controllo d'Italia, quando il  marchese  Berengario  si fece incoronare prima  re d'Italia  nell' 888  e quindi  imperatore del Sacro Romano Impero  nel  915 . Il Friuli estese allora il suo territorio sino al  lago di Garda , mentre la capitale veniva spostata a  Verona , costituendo la  Marca di Verona e Aquileia . Con lo smembramento dello Stato carolingio ( IX secolo ) assunse sempre maggior importanza per i destini del Friuli la componente germanica dell'Impero. Le invasioni degli  Ungari , col loro strascico di devastazioni, caratterizzano in negativo il X secolo dei territori friulani.

Il 3 aprile del  1077  è un dato particolarmente significativo per la storia del Friuli: in questa giornata infatti l'imperatore  Enrico IV  concesse al Patriarca  Sigeardo di Beilstein , per la sua fedeltà al potere imperiale, la marca del Friuli con prerogative ducali: nasce lo  Stato patriarcale di Aquileia  (chiamato a partire dal  XIII secolo  Patria del Friuli ). Tale linea filo-imperiale, seguita anche dai successori di Sigeardo, che per lungo tempo saranno tutti di origine germanica, permise loro di consolidare il potere temporale, che oltre a tale regione inclusa per alcuni periodi - in epoche diverse - anche  Trieste , l' L'Istria , la  Carinzia , la  Stiria  e il  Cadore . La Patria del Friuli si impone ben presto come una delle più ampie e potenti formazioni politiche dell'Italia del tempo, dotandosi, fin dal  XII secolo , anche di un  Parlamento , espressione massima della civiltà friulana sotto il profilo istituzionale. Tale organismo prevedeva una rappresentanza assembleare anche dei comuni e non solo dei nobili e del clero. La vita di questa istituzione si protrasse per oltre sei secoli, mantenuta persino sotto la dominazione veneziana, anche se in parte svuotata di potere: si riunirà infatti per l'ultima volta nel  1805 . Sarà abolita da  Napoleone Bonaparte .

A partire dal  1273 , con la nomina dell'Arcivescovo  Raimondo della Torre  a Patriarca di Aquileia incomincia l'egemonia della potente famiglia lombarda dei  Della Torre  che metterà solide radici in Friuli e lo utilizzerà come base per le incursioni in terra lombarda contro i  Visconti  nella la loro lotta per il possesso della  Signoria  di  Milano . Il Patriarca  Marquardo di Randeck  ( 1365-1381 ) raccolse tutte le leggi emanate in precedenza nella  Constitutiones Patriae Foriiulii , ossia  Le leggi fondamentali della Patria del Friuli . L'attuale Cividale del Friuli sarà sede della Patria del Friuli fino al  1238 , anno in cui il Patriarca si trasferirà a  Udine  dove farà costruire un grande palazzo, per sé e per i propri successori. Udine assumerà in tal modo sempre maggiore importanza divenendo col tempo il più importante centro istituzionale del Friuli.

wikipedia continua  https://it.wikipedia.org/wiki/Storia_del_Friuli

mercoledì 23 ottobre 2024

Storia del Friuli

 


La popolazione italica originaria del territorio delimitato ad ovest dal fiume Livenza, a nord dalle Alpi carniche, ad est dalle Alpi Giulie e dal fiume Timavo, a sud dal Mar Adriatico, era quella degli Euganei di origine pre-indoeuropea, di stirpe affine a quella dei Liguri Ingauni i cui insediamenti assunsero nella zona la forma dei castellieri, costruiti in prevalenza su isole fluviali e costituiti da una o più cinte murarie concentriche dalla forma quadrangolare, all'interno delle quali si sviluppava l'abitato. Fra il X e il VII secolo a.C. a tale popolazione si sovrapposero i Veneti di origine forse illirica e provenienti dalla regione danubiana, ai quali si sostituirono nel V secolo a.C. i Carni popolo di origine celtica che introdussero, nei territori da loro occupati e in quelli limitrofi, nuove e avanzate tecniche di lavorazione del ferro e dell'argento.

L'attuale Friuli fu successivamente colonizzato dai Romani (a partire dal II secolo a.C.) e venne profondamente influenzato dalla civiltà latina, grazie anche alla presenza dell'importante centro di Aquileia, quarta città d'Italia e fra le principali dell'impero, capitale della X Regione augustea Venetia et Histria. Gli scavi archeologici effettuati, con particolare riferimento all'estensione delle mura e dell'agglomerato interno alle stesse, ci danno una chiara immagine del suo eccezionale sviluppo urbano e demografico. Ancor oggi Aquileia è, insieme a Ravenna e Brescia, il massimo sito archeologico dell'Italia settentrionale. La città era inoltre importantissimo porto fluviale sull'allora fiume Natissa, snodo dei traffici adriatici verso l'Europa settentrionale (la così chiamata "Via Iulia Augusta") e verso l'Illiria. Aquileia doveva la sua importanza principalmente ad una posizione strategicamente favorevole, sia sotto il profilo commerciale che militare: sorgeva infatti sul mare Adriatico ed in prossimità delle Alpi orientali permettendo in tal modo a Roma di contrastare più efficacemente le invasioni barbariche provenienti da oriente.

Nelle sue campagne militari, Giulio Cesare era solito portare le sue legioni a svernare proprio ad Aquileia durante l'inverno. Il greco Strabone, geografo di età augustea, in una sequenza della sua opera annota che il porto di Aquileia, colonia romana «...fortificata a baluardo dei barbari dell'entroterra... si raggiunge... risalendo il fiume Natisone per sessanta stadi... e serve come emporio per i popoli illirici stanziati lungo l'Istro (Danubio[2]. Va al riguardo segnalato che mentre al giorno d'oggi il Natisone è tributario dell'Isonzo, all'epoca sfociava direttamente in mare. Lo sviluppo di altri centri oltre ad Aquileia, quali Forum Iulii (Cividale del Friuli), Iulia Concordia (Concordia Sagittaria) e Iulium Carnicum (Zuglio) contribuì ad assicurare alla regione un notevole rigoglio economico e culturale che riuscì a mantenere, nonostante le prime incursioni barbariche, fino agli inizi del V secolo. Negli ultimi decenni del III secolo Aquileia divenne la sede di uno dei vescovati più prestigiosi dell'Impero, contendendo in Italia il secondo posto per importanza, dopo Roma, alle capitali imperiali di Milano e, successivamente, Ravenna. Nel 381 vi si tenne un importante concilio, presieduto dal vescovo Valeriano ma fortemente voluto da sant'Ambrogio, che aveva preferito Aquileia alla sua sede episcopale di Milano per far condannare pubblicamente l'eresia ariana e i suoi seguaci.

L'invasione unna segnò l'inizio della decadenza: Aquileia, protetta da forze esigue, si arrese per fame e venne espugnata e rasa al suolo da Attila nel 452 (in alcune fondamenta sono state ritrovate le tracce lasciate dagli incendi). Terminata l'ondata unna, i superstiti, che avevano trovato rifugio nella laguna di Grado, ritornarono in città, ma la trovarono completamente distrutta. La ricostruzione di Aquileia, per riportare all'antico splendore quella che era stata la superba capitale della X Regio, fu un'impresa vagheggiata ma mai effettivamente realizzata. La città rimase comunque un punto di riferimento ideale di enorme importanza anche dopo il crollo dell'Impero, grazie alla costituzione del Patriarcato, naturale successore del vescovato omonimo a partire dalla metà del VI secolo e sede di una fra le massime autorità cristiane del tempo.

L'insicurezza della pianura friulana, punto di passaggio di tutte le grandi invasioni barbariche, spinse in quell'epoca molte persone a trovar rifugio nelle isole o nei borghi fortificati sulle colline, determinando in tal modo lo spopolamento della parte più fertile della regione ed un suo generale impoverimento.

da wikipedia

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