«Oggi il progetto di valorizzazione del castagno nelle Valli del Natisone non giunge al termine, ma a un nuovo inizio che deve portarci ad avere una visione più ampia. La sperimentazione ha dimostrato che ci sono ottime opportunità agronomiche in termini di quantità, qualità e tipicità: ora bisogna fare il grande passo di costruire una filiera per il conferimento e la valorizzazione del prodotto, perché ciò che ha valore economico ha maggiori possibilità di durare nel tempo». Così l’assessore regionale alle Risorse agricole, Stefano Zannier, intervenendo, il 6 agosto, a San Pietro al Natisone al convegno dedicato al ripristino dei castagneti storici nelle Valli del Natisone, un progetto finanziato con i fondi della legge di tutela della minoranza slovena, portato avanti fin dal 2019 dalla Comunità di montagna del Natisone e Torre in stretta collaborazione con l’Ersa e il supporto scientifico delle Università di Udine e di Torino. Presenti anche il consigliere regionale Alberto Budai, numerosi dirigenti regionali, sindaci, rappresentanti del mondo agricolo e delle sue organizzazioni di categoria.
«Questo territorio ha grande potenzialità delle produzioni di qualità che hanno anche un’importante valenza di carattere turistico – ha proseguito Zannier –. Recuperare i castagni diventa anche un fattore paesaggistico e di richiamo per i turisti che vanno in cerca di peculiarità anche dal punto di vista delle produzioni tipiche. Bisogna realizzare, però, un progetto generale di crescita del territorio che deve avere un retroterra economico e professionale. E voglio rassicurare che il sostegno della Regione non mancherà, come è stato negli anni scorsi».
Un invito pienamente colto dal presidente dellaComunità di montagna del Natisone e Torre,Antonio Comugnaro. «Il castagno fa parte dellanostra storia e tradizione – ha sottolineato – e ha contribuito al sostentamento di molte generazioniprima della grande emigrazione e dell’abbandono a partire dagli anni ’50. Ora il castagno, con una visione moderna e attuale, può diventare il simbolo di un riscatto economico e di una rinascita».
Il direttore dell’Ersa, Michele Fabro, ha illustrato i risultati del progetto, che ha portato al recupero di due castagneti storici a Tercimonte di Savogna e a Cravero di San Leonardo, alla realizzazione di un castagneto razionale di nuovo impianto a Becis di San Pietro al Natisone e alla distribuzione di centinaia di piantine di castagno ai cittadini che ne hanno fatto richiesta. Sorprendenti i risultati, sia in termini di quantità, qualità e tipicità del frutto, con la certificazione da parte dell’Università di Torino di 7 genotipi autoctoni e tipici delle Valli del Natisone ora iscritti nel Registro naturale dei Fruttiferi. «Abbiamo dimostrato alle istituzioni e soprattutto gli agricoltori che si può tornare a produrre castagne di qualità – ha spiegato Fabro – e che le varietà autoctone hanno delle ottimepotenzialità commerciali non solo come frutto ma anche come prodotti derivati, come le farine di castagna».
Durante la visita al castagneto razionale di Becis, il frutticoltore Massimiliano Famea di Pulfero ha anche esemplificato con numeri molto interessanti l’investimento fatto. «Il primo guadagno si vede dal quinto anno dalla piantumazione – ha spiegato Famea – e per un ettaro è preventivabile in 20 mila euro (dalla vendita di castagne fresche non trasformate, ndr). L’impianto del frutteto, compresa la recinzione a prova di cinghiali, costa 15 mila euro, l’impianto di irrigazione 2500 euro. L’impegno è minore di quello che necessita un meleto, ma bisogna comunque seguirlo, potare periodicamente la pianta perché mantenga la forma ottimale per massimizzare i frutti, fare i trattamenti e mantenere basso il manto erboso attorno ai castagni». (I. G.) dal dom





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