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Qui si parla del Friuli multietnico, dei luoghi,foto,video curiosità,articoli dai giornali e tanto altro.E’ una regione a Statuto speciale tutelata dalla legge per le minoranze linguistiche che prevede cartellonistica plurilingue,leggi speciali,scuole con l’insegnamento delle lingue minoritarie,radio,Tv giornali ecc.
uomo del mio tempo. Eri nella carlinga, con le ali maligne, le meridiane di morte, – t’ho visto – dentro il carro di fuoco, alle forche, alle ruote di tortura. T’ho visto: eri tu, con la tua scienza esatta persuasa allo sterminio, senza amore, senza Cristo. Hai ucciso ancora, come sempre, come uccisero i padri, come uccisero, gli animali che ti videro per la prima volta. E questo sangue odora come nel giorno quando il fratello disse all’altro fratello: “Andiamo ai campi”. E quell’eco fredda, tenace, è giunta fino a te, dentro la tua giornata. Dimenticate, o figli, le nuvole di sangue salite dalla terra, dimenticate i padri: le loro tombe affondano nella cenere, gli uccelli neri, il vento, coprono il loro cuore.
Pordenone | Palazzo dei Libri, Palazzo Montereale Mantica (Sala Caminetto)
Incontro con Luigia Negro e Roberto Dapit. Presenta Martina Kafol
La narrazione popolare in Val Resia vanta una storia ricca e profonda. Il suo vasto patrimonio viene da anni trascritto e studiato, anche grazie alla collaborazione tra Editoriale Stampa Triestina e istituti di ricerca in Italia e Slovenia. Quali sfide pone una tradizione orale in resiano, lingua oggi a rischio? Le fiabe ci mostrano che le differenze arricchiscono, ma che il cuore dell’infanzia parla tutte le lingue.
LaGiornata internazionale della paceviene celebrata il 21 settembre di ogni anno. È stata istituita il 30 novembre1981dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unitetramite la risoluzione 36/67.
L'Assemblea dichiarò che il Giorno sarebbe stato osservato, il terzo giovedì di settembre ogni anno, come un giorno di pace e di non-violenza, e volse un invito a tutte le nazioni e persone a cessare le ostilità durante il giorno. La risoluzione invitava tutti gli stati membri, organizzazioni del sistema delle Nazioni Unite, organizzazioni regionali e non governative ed individui a commemorare il giorno in maniera appropriata, sia attraverso l'educazione e la consapevolezza pubblica, sia nella cooperazione con le Nazioni Unite per la pace globale.
Dopo una campagna di Jeremy Gilley e della organizzazione Peace One Day, 7 settembre del 2001 l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite approvò la risoluzione 55/282 tramite la quale dichiara che, a partire dal 2002, la Giornata Internazionale della Pace sarà celebrata il 21 settembre di ogni anno, e questo sarebbe diventato il giorno del Cessate il fuoco.
Nel 2005 si tenne una cerimonia al "Peace Bell" alle Nazioni Unite a New York.
L'osservanza della giornata mondiale per la pace sta cominciando ad essere sempre più diffusa, soprattutto nelle scuole con attività volte alla Pace.
L'11 ed il 21 settembre 2003, il network MyPacis.com ha ospitato un "Blog carnival for peace". Lo scopo di questo blog è di simulare discussioni e trovare risposte per realizzare la vera pace nel mondo. da wikipedia
Si ritiene che il Matajur fosse scalato dal re longobardo Alboino quando, giunto in prossimità dell'Italia, lo risalì per ammirare le fertili pianure friulane che stava per invadere.
L'altura del Matajur, nel corso della prima guerra mondiale, fece parte dell'ultima linea di difesa italiana approntata dalla 2ª Armata per la protezione della pianura friulana in caso di sfondamento dei reparti combattenti nelle posizioni avanzate. Il monte passò alla storia in quanto, nel corso della battaglia di Caporetto, il tenente Rommel, il futuro feldmaresciallo, ne conquistò la cima.
Il 24 ottobre 1917, dopo un lungo bombardamento, il tenente Rommel, a capo di sei compagnie tedesche, lanciò una veloce offensiva, con la tattica dell'attacco a sorpresa, sul Colovrat e in breve tempo ne conquistò le cime. Invase quindi la vallata di Savogna ed attaccò il Matajur, difeso dalla Brigata Salerno.
Dopo 52 ore di marce sfibranti ed audaci combattimenti, ne conquistò la vetta facendo quasi 9000 prigionieri ed un enorme bottino di materiale bellico. L'avanzata del tenente Rommel fu uno dei più importanti episodi della battaglia di Caporetto perché fu determinante per la tragica ritirata italiana. Dal Matajur, Rommel proseguì, attraverso Longarone, la sua veloce avanzata fino al fiume Piave. da https://it.wikipedia.org/wiki/Matajur
Uno dei temi più caldi che affronterà il festival è quello legato alle libertà. Oltre all'intervento del Premio Nobel per la pace Shirin Ebadi arriverà a Pordenone lo scrittore ucraino Oleksii (Aleksej) Nikitin da Kiev con visto speciale. Presenta in anteprima il romanzo Di fronte al fuoco (Voland), dedicato alla figura leggendaria del campione di pugilato ebreo-ucraino Il’ja Gol’dinov, ricostruita sulla base dei documenti dei servizi segreti ucraini desecretati dopo il 2011. Ci sarà anche lo scrittore georgiano Boris Akunin, autore di L’avvocato del diavolo. Racconto dell’orrore (Mondadori). Akunin vive in esilio a Londra: è appena stato condannato in contumacia a 14 anni per “violazione della legge sugli agenti stranieri e discredito dell’Esercito russo”. L’ex diplomatico russo Alexander Baunov presenterà La fine del regime. La caduta di tre dittature europee e il destino della Russia di Putin (Silvio Berlusconi editore). Un libro che nel gennaio 2023 andava esaurito in pochi giorni a Mosca, mentre il suo autore veniva definito un "agente straniero” dalle autorità governative. Ci saranno anche lo storico e accademico Alexander Etkind, autore del recentissimo La Russia contro la modernità (Bollati Boringhieri). Lo scrittore e giornalista ucraino Yaroslav Trofimov, finalista Premio Pulitzer per il giornalismo, presenta Non c’è posto per l’amore qui (La nave di Teseo). La giornalista russa Anna Zafesova parla di Russia. L’impero che non sa morire (Rizzoli). mentre l’autrice Elena Kostioukovitch racconta Kyiv. Una fortezza sopra l’abisso (La nave di Teseo). Palestinesi e israeliani, insieme a Pordenonelegge Si parlerà di Gaza, Palestina con la scrittrice italo-palestinese Alae Al Said, autrice de Il ragazzo con la kefiah arancione (Ponte alle Grazie). Una storia di amicizia, tradimento, resistenza e perdono in una terra martoriata. Sullo sfondo la Guerra dei Sei giorni, quando veniva occupata la Striscia di Gaza. E di Israele con lo scrittore israeliano Roy Chen, dal 2007 drammaturgo stabile del Teatro Gesher, che presenterà Il grande frastuono (Giuntina), un romanzo che racconta tre donne e tre vite ordinarie, eppure fuori dal comune. Con lo scrittore e traduttore Alon Altaras, nativo di Tel Aviv e italiano d'adozione, che presenterà la raccolta di poesie di Hezy Leskly Un pozzo di latte in centro città (Molesini). Pordenone legge 2025, gli scrittori italiani in anteprima Viola Ardone, già autrice del bellissimo Il treno dei bambini, presenterà in anteprima il suo nuovo romanzo Tanta ancora vita (Einaudi). È la storia di un bambino ucraino di 10 anni che decide di raggiungere la nonna Irina, domestica a Napoli, e dell'incontro con Vita, la signora da cui Irina lavora. Salvare gli altri è salvare noi stessi è il tema del libro. Michela Marzano presenta invece Qualcosa che brilla (Rizzoli), un romanzo-saggio sugli adolescenti di oggi, sulla difficoltà nel diventare adulti. Sul disagio e la paura che il mondo porti loro via il futuro. Per chi ama il true crime c'è il giornalista e podcaster Stefano Nazzi con Predatori. I serial killer che hanno segnato l’America (Mondadori). Mario Calabresi, Carofiglio, Andreoli Sono storie comuni, in cui ognuno può riconoscersi e che diventano per questo speciali, quelle che racconta invece Mario Calabresi, in Alzarsi all’alba. Storie di chi ha costruito la propria vita un passo dopo l'altro (Mondadori). C'è un giovane allenatore che insegna ai bambini la bellezza di essere tenaci, un marito che da 25 anni si prende cura della moglie malata. Un papà che corre le ultramaratone perché solo così ritrova la figlia che ha perduto... Persone che possiamo essere noi o chi ci sta accanto. Una storia da scoprire è quella che narra Francesco Carofiglio in Radio Bari (Garzanti), una pagina dimenticata della Resistenza del Sud. La vicenda di una stazione radiofonica che, da organo del regime fascista, si trasforma, dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, nella principale emittente libera. Voce della lotta di liberazione dal nazifascismo in Europa, seconda per influenza soltanto a Radio Londra. Alessandro Zaccuri con il romanzo Le ombre (Marsilio) torna a raccontare i tentacoli della mafia ai bordi della Svizzera. Protagonisti Don Ciccio, potente capo di un’organizzazione mafiosa, in soggiorno obbligato in una località del Comasco- Colpito da un ictus, viene accudito da Agata, fatta venire apposta “dal paese”, e Salvo, ultimogenito del boss ed erede designato del padre. Non mancano gli autori amatissimi dal pubblico e dai lettori, da Cecilia Sala a Vittorino Andreoli, da Massimo Recalcati a Oscar Farinetti. E Alessandro Piperno, Clara Sanchez, ,Alessandra Selmi, Matteo Bussola e tantissimi altri. Gli eventi per gli anniversari di Tondelli e Pasolini Non mancano i libri in anteprima legati agli anniversari festeggiati nel 2025. Come Supertondelli di Enrico Brizzi (Harper Collins), per i 70 anni dalla nascita di Pier Vittorio Tondelli il 14 settembre. E in vista dei 50 anni dalla morte di Pier Paolo Pasolini, Romanzo di famiglia (Ponte alle Grazie).
Il volume, firmato dalla giornalista e scrittrice friulana Paola Treppo e pubblicato da Chiandetti Editore, è il primo capitolo di un progetto in quattro volumi.
“Le Madonne vestite del Friuli. Devozione popolare dalla Carnia a Lignano” è il titolo di un libro che getta luce su un patrimonio spirituale e artistico poco conosciuto. Scritto dalla giornalista Paola Treppo ed edito da Chiandetti, il volume è il primo di un progetto in quattro volumi e racconta, per la prima volta in modo organico, la storia di oltre trecento statue vestite di Maria e altre figure devozionali, disseminate in Friuli tra chiese, sacrestie, cappelle private, musei e ancone domestiche.
L’opera è il risultato di un’approfondita ricerca sul campo e valorizza il legame tra arte sacra, artigianato e fede popolare attraverso una narrazione corale che intreccia immagini, racconti e testimonianze radicate nelle comunità. Queste statue, realizzate in vari materiali, erano pensate per essere abbigliate con vestiti cuciti e ricamati a mano, spesso impreziositi da ex voto, e la loro cura era affidata prevalentemente alle donne. Un gesto di profonda devozione che raccontava speranza, amore e protezione.
Nonostante le limitazioni ecclesiastiche del Novecento, molte di queste opere d’arte sono state salvate dalla distruzione e nascoste in soffitte o cappelle private, grazie alla tenacia delle comunità locali. Oggi, molti esemplari sono stati restaurati e riportati alla luce, tornando a essere al centro di una viva devozione.
Il libro è stato realizzato con il prezioso supporto di comunità e parrocchie, che hanno aperto le porte delle loro chiese e condiviso storie e memorie, contribuendo a far rivivere un pezzo di storia locale. Con il supporto di Banca 360 FVG e Pro Tarcento, e la collaborazione della studiosa Elisabetta Silvestrini e dell’antropologo Gian Paolo Gri, la pubblicazione si configura come il primo tassello di un lavoro editoriale dedicato alle tre diocesi friulane (Udine, Gorizia e Concordia-Pordenone) e ha l’obiettivo di riportare alla luce una storia che appartiene ai nostri avi, per non perdere quel senso di spiritualità che ha animato per secoli le comunità. Una trasmissione del sapere che supera spazi e tempi, e che oggi torna visibile attraverso la voce degli oggetti, dei gesti, della devozione condivisa.
Tra le Madonne vestite del Friuli c'è anche quella della valle del Cornappo e di Tribil.
La città è situata al centro della regione storica friulana. Dista, in linea d'aria, poco più di 20 km dalla Slovenia, e circa 54 km dall'Austria. Ciò la pone in una posizione strategica, presso l'intersezione delle direttrici europee est-ovest (Corridoio V o Mediterraneo) e nord-sud (Via Iulia Augusta, ora riconosciuta dal Unione europea come parte del Corridoio Baltico-Adriatico, sulla via che porta verso l'Austria e verso l'est europeo.
Sorge nell'alta pianura, a pochi chilometri dalla fascia collinare, ed è costeggiata dal torrente Cormor a ovest e dal torrente Torre ad est. Al centro della città si trova in un colle isolato, in cima al quale è situato il castello: secondo la leggenda il colle è stato edificato da Attila per ammirare l'incendio che lui stesso provocò alla città di Aquileia. In realtà si pensava che fosse formato da rocce conglomeratiche antiche più di 100 000 anni, mentre recenti scavi archeologici hanno dimostrato che si tratta di un rilievo artificiale, privo di rocce.
Origini del nome
Giovanni Frau ipotizza che "Udine" derivi da un toponimo pre-latino, una formazione dalla radice *oudh-/*udh- («mammella» o «colle») seguita da un suffisso non del tutto chiaro. Prime attestazioni sono Udene (983) e Utinum (latinizzazione da Ud-; attorno al 1000). Un'altra possibile etimologia è la derivazione da varianti longobardo-sassoni del teonimo "Odino" (scandinavo Odhinn, longobardo Guodan] sassone Uoden), dio supremo nel ramo settentrionale della religione germanica. Infatti, i Longobardi, un raggruppamento di popoli di origine germanica che includeva i Longobardi veri e propri e un vasto numero di Sassoni, tra gli altri, attorno al VI secolo si insediarono a partire da questa zona prima di espandersi nel resto del Nord Italia (Lombardia in senso lato). Non a caso Cividale del Friuli era un importante centro di questa popolazione. Si noti anche come il nome sloveno della città, Videm, sia un ipercorrettismo sviluppato nel XIX secolo sulla base di toponimi identici in Slovenia, laddove il nome precedente, e più proprio, della città in sloveno era Vidan.
Capitale della regione storica del Friuli, è abitata sin dal neolitico[14], epoca alla quale risalgono i resti di un antico Castelliere che si sviluppava attorno al colle del castello circa 3500 anni fa[15]. Nonostante ritrovamenti archeologici risalenti al I secolo a.C. testimonino la sua esistenza anche in epoca romana[16], la città di Udine accrebbe la sua importanza grazie al declino di Aquileia prima e di Cividale poi.
Citata in occasione della donazione del castello cittadino da parte dell'imperatore Ottone II nel 983 con il nome di Udene, dal 1222 divenne una delle residenze dei Patriarchi di Aquileia, grazie al patriarca Bertoldo di Andechs, che si trasferì da Cividale a Udine in seguito a un terremoto che lesionò la sua residenza (25 dicembre). Per la sua centralità fu sempre preferita dai patriarchi, che vi fecero in seguito erigere il palazzo patriarcale. Nel XIV secolo Udine divenne la città più importante della regione per il commercio e i traffici, a scapito di Aquileia e Cividale del Friuli. Il 7 giugno 1420, in seguito alla guerra tra Venezia e il Patriarcato di Aquileia, la città venne conquistata dalle truppe veneziane, segnando la caduta e la fine del potere temporale dei patriarchi. Famiglia nobile friulana di riferimento per conto della Serenissima fu quella dei Savorgnan, il cui stemma divenne, di fatto, quello della città.
La guerra civile del 1511
La città di Udine fu interessata, a partire dal 27 febbraio 1511, da una guerra civile passata alla storia con il nome di "crudel zobia grassa", che si rivelò sanguinosa e che si estese presto a tutto il Friuli. Ad aggravare le condizioni della popolazione fu, nei giorni immediatamente successivi, un violento terremoto in seguito al quale si svilupparono numerosi incendi e il crollo del castello cittadino. Da ultima, la peste determinò un ulteriore peggioramento della situazione.[17] Legata alla zobia grassa è l'origine della versione friulana di Romeo e Giulietta, ovvero la storia di due giovani amanti, Lucina e Luigi, appartenenti alle famiglie rivali dei Savorgnan e dei Da Porto.
Nel 1848, durante la prima guerra d'indipendenza, la città insorse contro gli austriaci insieme con il resto del Friuli. Venne creato un Governo Provvisorio a Palmanova sotto la guida del generale Carlo Zucchi. L'esercito asburgico prese Palmanova, incendiò molti paesi vicini e, infine, bombardò Udine, che capitolò. Queste vicende vennero appassionatamente raccontate dalla scrittrice Caterina Percoto, testimone oculare dei fatti. Nel 1866, al termine della Terza guerra d'Indipendenza, ci fu l'annessione al Regno d'Italia.
Dalla prima guerra mondiale alla fine del Novecento
Durante la prima guerra mondiale Udine fu, fino alla disfatta di Caporetto, sede dell'alto Comando supremo militare italiano, tanto da ricevere l'appellativo di "capitale della guerra". Dal 17 agosto 1915 era sede anche del II Gruppo (poi 2º Gruppo volo). L'ospedale psichiatrico di Sant'Osvaldo, a pochi chilometri dal comando militare delle operazioni di guerra, era stato trasformato nel 1916 in un ospedale militare. I malati di mente vennero trasferiti in altri ospedali italiani ma l'ospedale ospitava comunque un migliaio di degenti, in parte militari.
Proprio nei pressi dell'ospedale si costituì un deposito di munizioni. Il 27 agosto del 1917 alle ore 11.00 il deposito di munizioni esplose, causando un disastro del quale non venne mai riconosciuto il numero esatto delle vittime civili e militari e che causò la completa distruzione delle abitazioni di una vastissima zona, della chiesa di Sant'Osvaldo e dell'asilo di Sant'Osvaldo. Il disastro, causato probabilmente dalla sottovalutazione del pericolo di stoccaggio di munizioni e gas da parte dei militari italiani, passò sotto censura da parte delle autorità militari, peraltro in quei mesi presenti in città per dirigere la guerra, e viene ricordato dalla popolazione udinese con il nome di "scoppio di Sant'Osvaldo" o "la Polveriera di Sant'Osvaldo".[20] Meno di due mesi dopo seguì la disfatta di Caporetto, il 24 ottobre 1917.
Nel primo dopoguerra la città divenne capoluogo della Provincia del Friuli, che comprendeva l'allora provincia di Gorizia (fino al 1927), e le attuali province di Pordenone (fino al 1968) e Udine. Dopo l'8 settembre 1943 venne posta sotto la diretta amministrazione militare del III Reich nell'ambito del Zona d'operazioni del Litorale adriatico che cessò con la fine dell'occupazione tedesca nell'aprile 1945. Il 6 maggio 1976 la città venne colpita dal disastroso terremoto del Friuli. Sebbene a Udine il numero delle vittime non fosse elevato, il comune e la cittadinanza contribuirono in modo sostanziale alla ricostruzione, organizzando gli aiuti alla popolazione colpita. In seguito al disastroso terremoto venne nominato dal governo italiano commissario per la Protezione civile Giuseppe Zamberletti. Proprio in quella occasione nacque una moderna e organizzata Protezione civile italiana.ù